Fotovoltaico Nuoro

Modulo fotovoltaico

In ingegneria energetica un pannello fotovoltaico è un dispositivo optoelettronico, composto da moduli fotovoltaici, a loro volta costituiti da celle fotovoltaiche, in grado di convertire l’energia solare in energia elettrica mediante effetto fotovoltaico, tipicamente impiegato come generatore di corrente in un impianto fotovoltaico.

Esteticamente simile al pannello solare termico (entrambi indicati semplicemente con il nome generico di “pannello solare”), ma, pur avendo entrambi l’energia solare (radiazione solare) come fonte di energia primaria, con scopi e funzionamento differenti, può essere meccanicamente preassemblato a formare un pannello fotovoltaico, pratica caduta in disuso con il progressivo aumento delle dimensioni dei moduli, che ne hanno di fatto incorporato le finalità.

Storia

Le principali tappe della tecnologia fotovoltaica:

  • 1839 Il francese Alexandre Edmond Bécquerel nota che “della corrente elettrica è generata durante alcune reazioni chimiche indotte dalla luce”. Scopre così l’effetto fotogalvanico negli elettroliti liquidi.
  • 1883 L’inventore statunitense Charles Fritz produce una cella solare di circa 30 centimetri quadrati a base di selenio con un’efficienza di conversione dell’1-2 %.
  • 1905 Albert Einstein pubblica la sua teoria sull’effetto fotoelettrico che gli porterà il premio Nobel per la Fisica nel 1921.
  • 1963 La giapponese Sharp produce i primi moduli fotovoltaici commerciali.

Composizione

Cella fotovoltaica

La cella fotovoltaica, o cella solare, è l’elemento base nella costruzione di un modulo fotovoltaico.

Essa è un dispositivo elettrico che converte l’energia della luce direttamente in elettricità tramite l’effetto fotovoltaico.

I pannelli fotovoltaici comunemente in commercio, sono costituiti da 48, 60, 72 oppure fino a 96 celle ognuno.

Moduli

I moduli in silicio mono o poli-cristallini rappresentano la maggior parte del mercato; sono tecnologie costruttivamente simili e prevedono che ogni cella fotovoltaica sia cablata in superficie con una griglia di materiale conduttore che ne canalizzi gli elettroni. Ogni cella viene connessa alle altre mediante nastrini metallici, in modo da formare opportuni circuiti in serie e in parallelo. La necessità di silicio molto puro attraverso procedure di purificazione dell’ossido di silicio (SiO2, silice) presente in natura eleva il costo della cella fotovoltaica.

Sopra una superficie posteriore di supporto, in genere realizzata in un materiale isolante con scarsa dilatazione termica, come il vetro temperato o un polimero come il tedlar, vengono appoggiati un sottile strato di acetato di vinile (spesso indicato con la sigla EVA), la matrice di moduli preconnessi mediante i già citati nastrini, un secondo strato di acetato e un materiale trasparente che funge da protezione meccanica anteriore per le celle fotovoltaiche, in genere vetro temperato. Dopo il procedimento di pressofusione, che trasforma l’EVA in mero collante inerte, le terminazioni elettriche dei nastrini vengono chiuse in una morsettiera stagna generalmente fissata alla superficie di sostegno posteriore, e il risultato ottenuto viene fissato ad una cornice in alluminio, che sarà utile al fissaggio del pannello alle strutture di sostegno atte a sostenerlo e orientarlo opportunamente verso il sole.

Costruzione del modulo fotovoltaico in silicio

Il modulo fotovoltaico in silicio è costituito da molti strati di materie prime detto laminato e dai materiali accessori atti a renderlo utilizzabile

Laminato

Il laminato viene preparato con i seguenti materiali:

  • Vetro (i moduli costruiti in Italia abitualmente usano vetro da 4 mm di spessore)
  • Etilene vinil acetato – EVA
  • Celle mono o policristalline
  • EVA (composto elastico utilizzato nei moduli fotovoltaici a protezione delle celle fotovoltaiche)
  • Vetro o Backsheet (copertura di fondo)

Il vetro viene usato come base su cui viene steso un sottile foglio di EVA. Al di sopra dell’EVA vengono posizionate le celle rivolte con il lato fotosensibile verso il basso, viene steso un altro foglio di EVA e quindi un foglio di materiale plastico isolante (PET o similare) oppure un’altra lastra di vetro. Il vetro è a basso contenuto di ferro per garantire una maggiore trasparenza ai raggi solari ed è temperato. Un vetro di questo tipo lascia passare circa il 91,5% dell’irraggiamento ricevuto.

Il tutto viene inviato al laminatore, o forno. Questa è una macchina nella quale, dopo esser stato creato il vuoto in pochi minuti, una piastra, posta a contatto, viene riscaldata fino a 145 °C per circa dieci minuti, in modo da favorire la polimerizzazione dell’EVA. Trascorso questo tempo, il prodotto finito viene estratto ed inviato alle lavorazioni successive, avendo raggiunto le caratteristiche richieste dalla sua installazione. Se la laminazione viene eseguita correttamente, il laminato è in grado di resistere alle intemperie per almeno 25/30 anni. Tutte le lavorazioni successive hanno lo scopo principale di rendere più comodo e pratico il suo utilizzo, incrementando, in realtà, di poco la resistenza nel tempo.

Tecnologie realizzative

Dei molti materiali impiegabili per la costruzione dei moduli fotovoltaici, il silicio è in assoluto il più utilizzato. Il silicio viene ottenuto in wafer che vengono in seguito uniti tra loro a formare un modulo fotovoltaico.
Le tipologie costruttive delle celle fotovoltaiche più comuni sono:

  • Silicio monocristallino: le celle presentano un’efficienza dell’ordine del 18-21%. Sono tendenzialmente costose perché tagliate da barre cilindriche, è difficile formare superfici estese senza sprecare materiale o spazio.
  • Silicio policristallino: celle più economiche, ma meno efficienti (15-17%), il cui vantaggio risiede nella facilità con cui è possibile tagliarle in forme adatte ad essere unite in moduli.
  • Silicio amorfo depositato da fase vapore: le celle hanno un’efficienza bassa (8%), ma sono molto più economiche da produrre (motivo per cui nel 2016 la quasi totalità dei pannelli per uso domestico è ancora di questo tipo). Il silicio amorfo (Si-a) possiede un bandgap maggiore del silicio cristallino (Si-c) (1,7 eV contro 1,1 eV): ciò significa che è più efficiente nell’assorbire la parte visibile dello spettro della luce solare, ma meno efficace nel raccoglierne la parte infrarossa. Dato che il silicio nanocristallino (con domini cristallini dell’ordine del nanometro) ha circa lo stesso bandgap del Si-c, i due materiali possono essere combinati creando una cella a strati, in cui lo strato superiore di Si-a assorbe la luce visibile e lascia la parte infrarossa dello spettro alla cella inferiore di silicio nanocristallino.
  • CIS: le celle sono basate su strati di calcogenuri (ad es. Cu(InxGa1-x)(SexS1-x)2). Hanno un’efficienza fino all’15%, ma il loro costo è ancora molto elevato.
  • Celle fotoelettrochimiche: queste celle, realizzate per la prima volta nel 1991, furono inizialmente concepite per imitare il processo di fotosintesi. Questo tipo di cella permette un uso più flessibile dei materiali e la tecnologia di produzione sembra essere molto conveniente. Tuttavia, i coloranti usati in queste celle soffrono problemi di degrado se esposti al calore o alla luce ultravioletta. Nonostante questo problema, questa è una tecnologia emergente con un impatto commerciale previsto entro una decina di anni.
  • Cella fotovoltaica ibrida: combina i vantaggi dei semiconduttori organici e di vari tipi di semiconduttori inorganici.
  • Cella fotovoltaica a concentrazione: unisce alle tecnologie di cui sopra, delle lenti a concentrazione solare che aumentano sensibilmente l’efficienza. Rappresentano la nuova promettente generazione di pannelli ancora in fase di sviluppo

Moduli cristallini

  • Silicio monocristallino, in cui ogni cella è realizzata a partire da un wafer la cui struttura cristallina è omogenea (monocristallo), opportunamente drogato in modo da realizzare una giunzione p-n;
  • Silicio policristallino, in cui il wafer di cui sopra non è strutturalmente omogeneo ma organizzato in grani localmente ordinati.

Moduli a film sottile

I moduli fotovoltaici a film sottile vengono realizzati tramite la deposizione del materiale semiconduttore su un supporto di tipo vetroso, per i pannelli rigidi da utilizzare all’aperto; oppure di plastica, nel caso di pannelli flessibili per utilizzi meno convenzionali.

Il modulo in film sottile viene realizzato in maniera monolitica e non richiede l’assemblaggio di più celle, come nel caso di pannelli in silicio cristallino, inoltre la quantità di materiale semiconduttore presente nel pannello risulta notevolmente inferiore rispetto ai pannelli realizzati con celle standard riducendo i costi di produzione, d’altro canto, il materiale depositato risulta avere una elevata difettosità e di conseguenza i pannelli in film sottile avranno un rendimento inferiore rispetto ai loro equivalenti monocristallini.

I moduli in film sottile si suddividono in varie categorie a seconda dei materiali semiconduttori depositati su di esso, fra i più diffusi troviamo:

  • Silicio amorfo, in cui gli atomi di silicio vengono deposti chimicamente in forma amorfa, ovvero strutturalmente disorganizzata, sulla superficie di sostegno. Questa tecnologia impiega quantità molto esigue di silicio (spessori dell’ordine del micron). I moduli in silicio amorfo mostrano in genere una efficienza meno costante delle altre tecnologie rispetto ai valori nominali, pur avendo garanzie in linea con il mercato. Il dato più interessante riguarda l’EROEI, che fornisce valori molto alti (in alcuni casi arrivano anche a 9), il che attesta l’economicità di questa tecnologia.
  • Tellururo di cadmio (CdTe): sono i pannelli a film sottile più economici e col più basso rendimento termodinamico. A maggio 2011, il Consiglio d’Europa ha confermato che non esiste alcun divieto di produzione o installazione di questi pannelli, allo scopo di rispettare gli obiettivi prefissati in termini di energie rinnovabili ed efficienza energetica; contestualmente, data la sua documentata tossicità, ha inserito il cadmio nella lista dei materiali vietati nelle produzioni elettriche o elettroniche. Il divieto di utilizzo nella produzione di celle fotovoltaiche parte dal 2013 (modifica alla Direttiva: Restriction of Hazardous Substances Directive del 24 novembre 2010).
  • Solfuro di cadmio (CdS) microcristallino, che presenta costi di produzione molto bassi in quanto la tecnologia impiegata per la sua produzione non richiede il raggiungimento delle temperature elevatissime necessarie invece alla fusione e purificazione del silicio. Esso viene applicato ad un supporto metallico per spray-coating, cioè viene letteralmente spruzzato come una vernice. Tra gli svantaggi legati alla produzione di questo genere di celle fotovoltaiche vi è la tossicità del cadmio ed il basso rendimento del dispositivo.
  • Arseniuro di gallio (GaAs), una lega binaria con proprietà semiconduttive, in grado di assicurare rendimenti elevatissimi, dovuti alla proprietà di avere un gap diretto (a differenza del silicio). Viene impiegata soprattutto per applicazioni militari o scientifiche avanzate (come missioni automatizzate di esplorazione planetaria o fotorivelatori particolarmente sensibili). Tuttavia il costo proibitivo del materiale monocristallino a partire dal quale sono realizzate le celle, lo ha destinato ad un impiego di nicchia.
  • Diseleniuro di indio rame (CIS), con opacità variabile dal 100% al 70% ottenuta mediante fori ricavati direttamente nel film.
  • Diseleniuro di indio rame gallio (CIGS)

Varianti proprietarie

  • Eterogiunzione, letteralmente giunzione tra sostanze diverse, in cui viene impiegato uno strato di silicio cristallino come superficie di sostegno di uno o più strati amorfi o cristallini, ognuno dei quali ottimizzato per una specifica sotto-banda di radiazioni. L’efficienza della cella viene migliorata grazie al band-gap engineering.
  • Silicio microsferico, in cui si impiega silicio policristallino ridotto in sfere del diametro di circa 0,75 mm ingabbiate in un substrato di alluminio.

Delle tecnologie citate, soltanto l’amorfo e il microsferico permettono la flessione del modulo: nel caso dell’amorfo non vi è la struttura cristallina del materiale ad impedirne la flessione, nel caso del microsferico non è la cella (sfera) a flettersi, ma la griglia a nido d’ape su cui è disposta.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Modulo_fotovoltaico

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